La Porta Grande del Castrum gradense  

La Porta Grande del Castrum gradense  

Il Castrum gradense, edificato nel corso del VI secolo per volere dei vescovi d’Aquileia in seguito alle ultime invasioni barbariche (Goti e Longobardi), è il monumento cardine della storia di Grado, all’interno del quale sono raccolti numerosi luoghi di culto giunti sino a noi quasi integri e che rappresentano il maggior vanto della cittadina lagunare.

L’attuale città vecchia, la cui planimetria corrisponde all’antica cittadella fortificata, è stata il palcoscenico che ha messo in scena le principali vicende storiche che hanno coinvolto Grado per oltre tredici secoli.

Basandosi su indagini esplorative condotte sulle fondazioni perimetrali ancora oggi ben conservate nel sottosuolo, l’esatta planimetria del Castrum è stata quasi completamente riportata alla luce. Purtroppo, invece, degli alzati murari resta ben poco: due torri quadrate sul lato ovest e una poligonale su quello est.

Fortunatamente, ancora oggi, sopravvive la Porta Grande, una delle sei porte castrensi sinora documentate. Trattasi di una massiccia struttura quadrilatera che sporge dalla linea della cortina ovest nel settore settentrionale della fortezza.

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La vera storia della Porta Grande risulta di non semplice ricostruzione, tanto da metterne in discussione persino il nome che la etichetta come la maggiore tra le porte cittadine. La struttura della torre, a causa delle numerose manipolazioni occorse nei secoli, non ci permette di capire con certezza se la medesima fosse parte integrante del Castrum già in fase progettuale o aperta in un periodo successivo.

Dal versante interno la Porta Grande si apriva sul tracciato delle attuali calle Lunga e calle Pescheria. Grazie al rinvenimento del selciato originario ad una profondità di poco inferiore al metro, si è appurato che entrambe le calli preesistevano già nell’antica rete viaria castrense.

In base alle ricostruzioni, l’aspetto esterno attuale della porta risulta notevolmente adulterato in seguito alle diverse destinazioni d’uso a cui gli edifici circostanti sono stati destinati. Ancora oggi la porta è dominata dalla forte presenza di un arcigno leone marciano, lavoro tardogotico veneziano. Il campaniletto a vela ci ricorda che lo storico edificio dall’età medioevale ai primi decenni del ‘900 fu sede dell’arengo, ossia il luogo in cui l’assemblea della cittadinanza si riuniva. L’odierna facciata d’ingresso è decorata con interessanti pezzi scultorei e sul parapetto all’angolo è stato ricollocato un pilo lapideo recante stemmi nobiliari veneziani.

Sul lato posteriore stampe e disegni ottocenteschi mostrano una realtà completamente diversa e forti sono i dubbi sulla fedeltà all’originale delle ricostruzioni. Sull’architrave in marmo d’Aurisina, frutto di un rifacimento scarsamente fedele all’originale, campeggia centrale uno stemma nobiliare oggi illeggibile, con molta probabilità appartenente di ad una dogale famiglia veneziana.

Un blocco parallelepipedo di marmo d’Aurisina sul lato esterno dallo scarso valore artistico funge da stipite. Il medesimo blocco reca sul frontale una delle due epigrafi incise dai Gradesi in onore del doge Ottone Orseolo, come segno di riconoscenza per il suo decisivo intervento a favore della “madre di Venezia”, devastata dal patriarca aquileiese Poppone nel 1024.

Liberamente tratto da Ezio Marocco  2017

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